lunedì 14 marzo 2016

Barilla, i padri e la rivincita delle figlie

https://www.youtube.com/watch?v=idb0O8I_i2k






A volte gli spot pubblicitari valgono mille chiacchiere.

C’era una volta una bambina che infilava nella tasca del papà in partenza un fusillo Barilla per lasciargli un segno di casa,  anche quando sarebbe stato lontano…uno spot indimenticabile che aveva come protagonista una famiglia che trascorreva un conviviale momento di condivisione insieme prima del viaggio di lavoro del papà. Correva l’anno 1988

Ora è il 2016,  c’è sempre un papà e c’è sempre una figlia, questa volta il papà è Pierfrancesco Favino. La bambina è sola con la confezione di ragù Barilla e di certo sente la mancanza del padre che chiama invitandolo a tornare presto a casa, perché ha preparato il ragù.
La bambina mente perchè è un ragù pronto  e sembra che anche il padre lo intuisca, ma sta al gioco.
Lo spot si chiude con papà e figlia che mangiano insieme gustandosi la pasta al ragù.
Finale: grazie a Barilla è stato possibile coltivare gli affetti familiari. 


Già IKEA aveva  tentato qualcosa di simile (link), con un bellissimo spot ("la papà-cena", forse perchè per quella bimba dello spot c'è anche la "mamma-cena"), dove era il papà a preparare tavola per la figlia, in un appartamento non certo lussuoso, non certo ricco, ma dove ancora (grazie a IKEA, ovviamente) sembra possibile si possano coltivare gli affetti familiari.

In entrambe gli spot non ci sono madri, forse perchè l'intento è proprio di rappresentare una realtà in cui i figli sono costretti a vivere con i genitori separati.
Forse lo spot è proprio indirizzato a far colpo sulle figure genitoriali che più subiscono la mancanza dei figli.  Una realtà in cui spesso uno dei due genitori si è dovuto rifare una vita, anche dal punto di vista economico (la casa accessoriata da IKEA) o è in perenne difficoltà a mettere insieme orari, famiglia (quello che rimane)  e lavoro (la figlia che parla al padre mentre è al volante). 


In entrambi i casi lo spot commerciale (i prodotti Barilla, i mobili IKEA) sembra volto ad accattivarsi il favore di quei padri a cui è rimasto, dopo il naufragio del matrimonio, unicamente l'affetto dei figli, di quei padri che fanno fatica a rimettere su una casa decente e a mettere insieme famiglia e lavoro. 

Realtà negata sia dallo schiamazzo delle femministe al nostro Parlamento, sia dal becerare delle pari-opportuniste, che ben godrebbero nel vedere i genitori separati cacciati di casa (spot Ikea) o in difficoltà permanente col lavoro&famiglia (spot Barilla). 
E spesso la realtà si prende la rivincita sulle idiozie del momento, su famiglia, rapporto padri-figli, genitorialità!

Uno spot può molto, soprattutto può superare molti silenzi, molte omissioni, molte ipocrisie!







 










Milano. "Niente festa del papà: offende i gay"

L'asilo abolisce la festa del papà: "Non offendiamo i genitori gay"

Quest'anno i bimbi non prepareranno letterine e piccoli doni. L'assessorato all'Educazione: "Scelta autonoma delle educatici"


Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/lasilo-abolisce-festa-pap-non-offendiamo-i-genitori-gay-1235330.html


Nella classifica delle feste più stupide d'Italia, la festa del papà (ex aequo con la festa della mamma) è seconda solo alla festa della donna che, in più, ha l'aggravante di ammorbare l'aria con quelle stramaledette mimose.
Se vogliamo abolire quindi la festa del papà (ma, già che ci siamo, non si potrebbe eliminare pure la festa degli innamorati?), facciamolo pure, ma in quanto festa «stupida», non certo in quanto festa «lesiva della dignità dei genitori arcobaleno». La definizione «genitori arcobaleno» non è altro che una ipocrita formula per definire una coppia formata da due individui dello stesso sesso: insomma due maschi o due femmine. Una relazione tra un maschio e una femmina, nella società di oggi, è considerata infatti un'«anomalia», da guardare quasi con diffidenza. E proprio per tale motivo, forse, un asilo comunale di Milano (per la precisione quello di via Toce, quartiere Isola) avrebbe deciso di azzerare la «festa del papà», tradizionalmente in programma il 19 marzo. L'assessorato all'Educazione del Comune ha chiarito al Corriere della sera (che ieri riportava la notizia sotto il titolo: «I genitori gay e la festa del papà abolita dall'asilo»): «Mai fatto disposizioni relative a regali o feste per le giornate del papà e della mamma.

Si tratta di iniziative gestite in base alla discrezione, alla libertà didattica e alla sensibilità delle educatrici».Fatto sta che ieri mattina una telefonata è arrivata al Giornale. Dall'altro capo del telefono una «mamma allarmata» per quella che ha definito una «decisione scandalosa», ma che a noi appare solo uno dei tanti atteggiamenti paradossali del politically correct che, come in questo caso, raggiunge vette tragicomiche. Un filone che soprattutto in asili e scuole elementari trova un particolare brodo di coltura (ma, un po', anche di cottura).

Di esempi ce ne sono tanti: dal divieto dei simboli natalizi (presepe, canti, recite) per «non offendere le altrui sensibilità religiose» ai menù differenziati nel «rispetto delle altrui culture gastronomiche»; dai corsi di lingua araba destinati agli alunni italiani per «meglio integrarsi con i compagni stranieri» (scusate, ma non dovrebbe essere il contrario? Cioè con i bimbi stranieri che dovrebbero imparare l'italiano per «meglio integrarsi» con i compagni italiani? ndr) al divieto di esporre i crocifissi nelle aule scolastiche. Nulla di strano allora se in tempi di stepchild adopstion i responsabili di un asilo siano terrorizzati dall'idea di far preparare ai bambini letterine e piccoli doni da regalare il 19 marzo ai papà. Al solito genio di turno che siede dietro la cattedra non sarà parso vero di essere più realista del re, ponendosi un «problema» inesistente. Un quesito assurdo in precario equilibrio tra il lettino dello psicanalista e il divano del salotto radical chic: e se uno dei bimbi, invece di avere un solo papà, ne ha due? E se, invece di avere una sola mamma, ne ha due? In altre parole, come la mettiamo se un bimbo è figlio di una coppia gay o lesbica? Visto che su questo fronte la burocrazia ha tirato fuori la «brillante» idea di chiamare i due genitori con i «simpatici» nomi di «genitore 1» e «genitore 2», a che serve andare ancora dietro a una parola tanto desueta come «papà»? Figuriamoci stare lì a perdere tempo con la sua «festa»... Risultato: azzerate letterina e regalini per il padre- «fantasma». Se ne riparlerà quando verrà istituita la «festa del genitore 1». Da non confondersi con la «festa del genitore 2». Nel dubbio, auguri a entrambi. E, soprattutto, ai loro eventuali figlioletti.


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Asilo abolisce le feste del papà e della mamma: "La famiglia è cambiata"

I genitori sono subito passati alle vie legali. Ma il Comune di Roma difende la scuola


A Roma il collegio docenti di un asilo comunale ha abolito la festa del papà e della mamma.
"La famiglia - hanno motivato le maestre - cambia continuamente". I genitori non l'hanno presa bene e hanno promesso battaglia a oltranza.
Come racconta Repubblica, alla scuola dell'infanzia Contardo Ferrini, nel quartiere Trieste della Capitale, il 14 ottobre è stata approvata una delibera che abolisce le feste della mamma e del papà. I genitori dei piccoli che frequentano l'asilo l'hanno saputo solo in occasione della festa del papà e sono subito passati alle vie legali. Nei giorni scorsi hanno, infatti, inviato una diffida per chiedere l'annullamento della delibera. Qualora l'asilo comunale non dovesse tornare sui propri passi, i genitori sono anche disposti a ricorrere al Tar. "Contestiamo le modalità con cui la scuola ha agito, senza metterci al corrente - ha spiegato Roberta Giudici, mamma di uno dei piccoli - quando abbiamo chiesto spiegazioni, ci hanno risposto che la decisione era stata presa nel rispetto delle famiglie allargate e dei bimbi rimasti orfani di un genitore. Nessuno è contrario a questo principio, ma così la scuola azzera la nostra tradizione, e non troviamo giusto che bambini tra i 3 e i 5 anni vivano in questo clima".
Paolo Masini, assessore comunale alla Scuola, ha difeso la scelta degli insegnanti. "Gli adulti non dovrebbero aver bisogno di fare crociate mettendo in mezzo i loro bambini - ha spiegato - la comunità scolastica non ha bisogno di ideologismi del genere. Siamo contro questo atteggiamento. Solo il pensiero che si debba andare davanti al giudice in un contesto con protagonisti bambini dai 3 ai 6 anni è preoccupante".

La donna e l'assoluzione del peccato

woman victim kneeling spiritual 750


Il femminismo e l'assoluzione del peccato19 Ottobre 2014 da Elia Butler 
 Fonte: http://www.avoiceformen.com/feminism/feminism-and-the-absolution-of-sin/

Una critica comune del femminismo è che rimuove agenzia femminile e promuove vittimismo perpetuo. Sotto l'egida del femminismo, le donne non possono fare niente di male. In realtà, questo articolo è stato richiesto da un commento fatto a me da una donna dicendo in sostanza: "Sono una femminista perché per anni ho cercato di confessare i miei errori, ma ora non devo." Questo è stato inquietante, a dire poco. Ma mi ha fatto pensare.

La domanda, che non ho mai sentito, è perchè il femminismo ammette ciò? 
 Perché il femminismo assolvere le donne dai loro peccati? Perché sono le stupratrici e le donen abusanti semplicemente sono cancellati dal sentire comune? E 'fin troppo facile dare la colpa semplicemente questo il femminismo voler superiorità femminile. Se femminismi obiettivo è superiorità femminile, allora sarebbe logico che le femministe avrebbero tentato di estirpare le imperfezioni nelle donne, invece di ignorarle.

La risposta sta nella nozione del femminismo come religione. Un interesse primario della religione è il problema del male, o perché le cose malvagie accadono anche alle persone buone. La risposta a questa domanda può essere molto personale e complessa, ma la, risposta più comune è più semplice che ci sia una forza malefica nell'universo che causa il male. Questa forza è conosciuto nella tradizione giudaico-cristiana come Satana. Nella tradizione religiosa femminista, questa forza è conosciuto come il patriarcato. Nel mio precedente articolo sulla religione femminista, ho spiegato che il punto del femminismo è l'eliminazione del patriarcato. E ora di dare la risposta al perché il femminismo assolve le donne del peccato. Se il patriarcato è il peccato personificato, e il patriarcato si esprime attraverso gli uomini e la mascolinità, allora la donna non può peccare (a meno che hanno in qualche modo ingeriti patriarcato stessi). Questo è il nucleo della teodicea femminista o una spiegazione del male: gli uomini sono cattivi, le donne sono buone. È questa colla che tiene la totalità del femminismo insieme. Se questa idea è violata, il femminismo si disintegra.

Vediamo questo attraverso due esempi chiari. In primo luogo, ecco il modello di Duluth della violenza domestica, si vede meglio con questa ruota di potenza e di controllo:


.Il modello di Duluth si basa sull'idea femminista che la violenza domestica è basata su aggressione patriarcale maschile contro le donne. Questo è più chiaramente visibile nella sezione in cui gli uomini usano il privilegio maschile per cui il patriarcato permette loro di abusare delle donne. Con questo sistema, la vuiolenza femminile sul maschio semplicemente non esiste. 

 Mentre si può fare una lista di vittime che possono essere maschio o femmina, per il modello DULUTH l'aggressore è sempre di sesso maschile perché l'aggressività femminile non rientra nel modello di progettazione. Se vi sono anche tossicodipendenti violenti di sesso femminile, allora vuol dire che la violenza domestica non è solo maschile aggressione patriarcale, così il patriarcato non è l'unica causa del male. Se il patriarcato non è l'unica causa del male, il femminismo, insieme al modello di Duluth, cade a pezzi.

Un altro esempio è l'attuale feniomeno di "epidemia" di molestie sessuali nei cmpus. L'ex presidente
Stephen Trachtenberg della George Washington University  è stato criticato quando ha detto che, al fine di contribuire a frenare aggressioni sessuali nel campus, le donne dovrebbero smettere di bere in eccesso. Ciò che la critica osservò era il teorema che "che le donne possono bere per quanto si vuole, ma sta a uomini non stuprare". Quello che stanno facendo è assolvendo donne di impegnarsi in comportamenti ad alto rischio che possono contribuire alla loro capacità di essere violentate. Tutta questa faccenda diventa ancora più preoccupante se si considera che l'alcolismo femminile è in aumento, un dato di fatto che il femminismo preferirebbe spazzare sotto il tappeto come evidenziato dalle critiche di Trachtenberg e altri. Anche in questo caso, il femminismo deve assolvere le donne del peccato. Se le femministe ammettessero che le azioni delle donne possono svolgere un ruolo nel loro essere aggredito, poi la spiegazione della violenza sessuale come prodotto di oppressione patriarcale è più complicata. Come con il modello di Duluth, l'oppressione patriarcale deve essere la causa principale, in caso contrario l'ideologia che guida questa crolla. 
Alla fine, il femminismo deve assolvere le donne del peccato per poter funzionare. Se la premessa del femminismo è che il patriarcato è l'incarnazione del male, allora le donne che sbagliano dimostrano sia che tutte le donne hanno assorbito il patriarcato, il che è assurdo, o che il patriarcato non è la radice di tutti i mali. Se il patriarcato non è l'unica causa del male nel mondo, allora il femminismo è sbagliato. Affinché il femminismo di essere "giusto", le donne devono essere privi di peccato. Pertanto, come MRA, dobbiamo spingere per una società in cui le donne sono ritenuti responsabili delle loro azion,i se stiamo andando mai a raggiungere una vera parità.

 

 

Feminism and the absolution of sin

A common criticism of feminism is that it removes female agency and promotes perpetual victimhood. Under feminism, women can do no wrong. In fact, this article was prompted by a comment made to me by a woman saying essentially, “I’m a feminist because for years I tried to own my mistakes, but now I don’t have to.” This was disturbing to say the least. But it got me thinking.
The question I’ve never heard asked is why does feminism do this? Why does feminism absolve women of their sins? Why are female rapists and abusers simply erased from existence? It is far too easy to simply blame this on feminism wanting female superiority. If feminism’s goal is female superiority,  then it would be logical that feminists would attempt to weed out the imperfections in women instead of ignoring them.
The answer lies in the notion of feminism being a religion. A primary interest of religion is the problem of evil, or why do bad things happen to good people? The answer to this question can be quite personal and complex, but the simplest, most common answer is that there is a malevolent force in the universe that causes evil. This force is known in the Judeo-Christian tradition as Satan. In the feminist religious tradition, this force is known as the patriarchy. In my previous article on the feminist religion, I explained that the point of feminism is the eradication of the patriarchy. It is now that the answer to why feminism absolves women of sin becomes clear. If the patriarchy is sin personified, and the patriarchy is expressed via men and masculinity, then women cannot sin (unless they’ve somehow ingested the patriarchy themselves). This is the core of the feminist theodicy, or explanation of evil: men are bad, women are good. It is this glue that holds the entirety of feminism together. If this idea is violated, feminism disintegrates.
Let us see this via two clear examples. First, behold the Duluth model of domestic violence, best shown via this power and control wheel:
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The Duluth model is based on the feminist idea that domestic violence is based on male patriarchal aggression against women. This is most clearly seen in the section where men use the male privilege that patriarchy affords them to abuse women. Under this  system, female-on-male violence simply does not exist. While there is an updated wheel floating around where the victims can be female or male, the aggressor is always male because female aggression does not fit in the model by design. If female abusers were recognized, then it means that domestic violence is not simply male patriarchal aggression, so patriarchy is not the sole cause of evil. If patriarchy is not the sole cause of evil, feminism, along with the Duluth model, falls apart at the seams.
Another example is the current campus sexual assault “epidemic.” Former George Washington University president Stephen Trachtenberg was criticized when he said that in order to help curb sexual assaults on campus, women should stop drinking in excess. What the criticism boiled down to was that women can drink however much they want, but it’s up to men not to rape. What they are doing is absolving women of engaging in high-risk behavior that may contribute to their ability to be sexually assaulted. This whole thing gets even more disturbing when you consider that female alcoholism is on the rise, a fact that feminism would prefer to sweep under the rug as evidenced by the criticism of Trachtenberg and others. Here again, feminism has to absolve women of sin. If feminists admit women’s actions can play a role in their being assaulted, then sexual assault is more complicated than just patriarchal aggression and oppression. Like with the Duluth model, patriarchal oppression has to be the root cause, otherwise the ideology driving this collapses.
In the end, feminism has to absolve women of sin in order to function. If the premise of feminism is that patriarchy is evil incarnate, then women sinning either proves that all women have ingested patriarchy, which is absurd, or that patriarchy is not the root of all evil. If patriarchy is not the sole cause of evil in the world, then feminism is wrong. In order for feminism to be “right,” women must be free of sin. Therefore, as MRAs, we must push for a society where women are held accountable for their actions if we are ever going to achieve true equality.

lunedì 7 marzo 2016

"La distruzione della figura paterna è frutto della strategia del pensiero dominante"

«Fare una battaglia contro i matrimoni gay non dà la patente per governare un Paese» di Marco Guerra05-03-2016
John Waters
«Ho appoggiato il movimento pro-family irlandese ma non è affatto detto che li vorrei alla guida del mio Paese». Così il giornalista e scrittore cattolico John Waters, intervistato dalla Nuova Bussola Quotidiana, interviene nel dibattito italiano sul nuovo partito della famiglia presentato da Mario Adinolfi e Gianfranco Amato, spiegando la differenza fra la battaglia su uno scopo ben preciso e la competenza generale richiesta dal governo di un Paese.. Abbiamo incontrato Waters a Roma poco prima della sua lettura «Come si intimidisce un Paese: l'Irlanda bullizzata sul matrimonio gay», pronunciata in occasione dell’apertura dell’anno accademico della Fondazione Magna Carta. Il noto editorialista convertito al cattolicesimo ha parlato delle sue battaglie sui temi antropologici, del suo impegno contro la deriva relativista dell’Irlanda e del suo coinvolgimento nel movimento per il ‘No’ al referendum sul matrimonio egualitario per i gay.

Oggi sei qui per raccontare cosa è successo durante la campagna per il referendum sul matrimonio gay che ha visto la netta vittoria dei ‘Si’. Sappiamo che ci sono stati veri e propri fenomeni di bullismo contro chi era contrario al matrimonio gay, una intimidazione sistematica per gli attivisti del fronte del No...In effetti un vero dibattito nella società non c’è mai stato. Il clima era quello di un film spaghetti western, ovvero da una parte i buoni dall’altra i cattivi. Ovviamente le testate giornalistiche e tutti i principali partiti erano schiarati per il ‘si’; la lobby gay ha preso il sopravvento anche sui social media e la Chiesa non ha aiutato. Siamo stati silenziati fin da subito. Inoltre c’è da considerare che molte multinazionali come Google, che a causa della bassa tassazione hanno aperto una sede in Irlanda, hanno sostenuto in ogni modo il movimento per il ‘si’. C’è stato un vero e proprio lavaggio del cervello. Il bombardamento mediatico era continuo, sentivi dire ovunque: forza sostieni anche tu il matrimonio gay!.

Anche tu sei stato preso di mira per la tua militanza contro i matrimoni gay.Io sono arrivato su queste posizioni come singolo e non trascinato da un movimento. La mia storia di ragazzo padre mi ha fatto capire che in Irlanda i diritti del padre non sono garantiti. E la comunità gay mi ha attaccato molto proprio per questo. Perché se vengono riconosciuti i diritti del padre biologico sui figli poi viene giù tutto il castello della stepchild adoption. Se si eliminano tutti i diritti dei genitori biologici sui bambini è più semplice far passare le adozioni per i gay. Il loro obiettivo infatti è rompere ogni legame naturale tra genitore e figlio.

Quindi anche in Irlanda esiste l’istituto della stepchild adoption?
Noi abbiamo una delle leggi più radicali in materia di diritti per gli omosessuali. In Irlanda da dopo il referendum è entrato in vigore il matrimonio egalitario.

È consentito anche l’utero in affitto?No, in teoria non è consentito, ma una coppia di gay può rivolgersi a qualsiasi corte e per il principio di non discriminazione ottiene il riconoscimento della filiazione effettuata tramite questa tecnica. Quando sono state introdotte le unioni civili nel 2010 tutti hanno detto che questa era la cosa giusta da fare, ma non avevano capito che era solo l’inizio: per ogni obiettivo raggiunto la lobby gay ne fissa subito un altro. Lo scopo finale non è ottenere più diritti ma distruggere la famiglia come l’abbiamo conosciuta finora, rompere ogni connessione biologica, è un disegno molto radicale.

Dopo il referendum hai detto che in Irlanda la democrazia è morta. Hai già potuto verificare quali effetti ha prodotto questa legge nella società irlandese?Ero molto pessimista dopo il referendum, pensavo che il cambiamento radicale della società irlandese fosse inarrestabile. Ma le elezioni politiche di una settimana fa hanno rappresentato una novità molto interessante. Il governo uscente che ha promosso il matrimonio egualitario è stato duramente sconfitto. I laburisti sono passati da 33 a 7 in parlamento. Io non credo che la gente abbia punito i partiti di governo perché hanno favorito l’introduzione del matrimonio egualitario per i gay. Ma inconsciamente questo ha influito molto sulla decisione degli elettori. Per molti irlandesi la questione dei matrimoni gay rappresenta comunque una ferita aperta nel loro sentire più profondo e poi la maggioranza degli elettori sono rimasti delusi dal fatto che il partito laburista aveva promesso loro di far uscire l’Irlanda dalle politiche recessive imposte dalla Troika. Questi elettori hanno quindi fatto un bilancio delle politiche dell’esecutivo e hanno visto che l’unica cosa che è riuscito a fare è stato il matrimonio per i gay. La gente si chiede che cosa ha fatto il governo per i miei figli? Per la mia vita? I diritti fondamentali da garantire sono solo quelli dei gay? Insomma che se ne fanno le famiglie del matrimonio gay con tutti i problemi che hanno, gli irlandesi hanno perfino ripreso ad emigrare. Questa è il ragionamento che ha portato alla sconfitta dei partiti più vicini alle battaglie Lgbt piuttosto che una reazione diretta al matrimonio gay.
Quindi il movimento per il "No" non ha influito molto sul voto politico?In Irlanda non c’è stato un vero e proprio movimento di massa pro-family. Questo corrispondeva più o meno con il mondo cattolico più impegnato. E questo ha costituito un pregiudizio su cui ha fatto leva la comunità omosessuale e il movimento per il ‘Si’. Tutti i giornalisti che mi intervistavano premettevano sempre che io ero cattolico, come se fosse un’etichetta che spiega tutto. Ma io sono contro il matrimonio per i gay non perché sono cattolico, la mia scelta è una questione pre-politica, antropologica, che riguarda l’identità dell’essere umano,  non mi ha scritto il Papa suggerendomi quale posizione prendere. Da giovane, quando facevo il giornalista musicale, ero vicino alla sinistra. Poi ho maturato queste posizioni a causa della mia esperienza di ragazzo padre. Andai da persone di sinistra offrendo loro la mia esperienza per battersi per i diritti dei padri e loro mi risposero di stare zitto. In quel momento mi resi conto che la distruzione della figura paterna era una delle strategie del pensiero unico dominate.

Tu hai detto che i vescovi irlandesi, non hanno fatto praticamente nulla per fermare il matrimonio egalitario. Hai anche chiesto al nunzio in Irlanda di esortare la Santa Sede a prendere posizione, ma non è successo nulla. La Chiesa deve intervenire direttamente dando indicazioni di voto o come sostengono alcuni cattolici è necessaria più un’iniziativa culturale di retroguardia nelle parrocchie?Io credo che maggiore chiarezza da parte della Chiesa sarebbe stata utile. Invece la Chiesa irlandese è stata più attenta a compiacere tutte le posizioni. Gli stessi membri del clero dicevano cose diverse se a intervistarli era un giornale conservatore o progressista. Un messaggio di Papa Francesco sarebbe stato molto utile, perché questo Pontefice gode di grade considerazione e di credibilità da parte di tutti. La sua capacità di parlare alle masse con un linguaggio semplice e diretto avrebbe sicuramente condizionato il voto”

Ma in Irlanda si vuole espellere la Chiesa dall’ambito pubblico?Certo qualcuno vuole farlo, ma bisogna anche interrogarsi se la Chiesa vuole ancora dire qualcosa in ambito pubblico. Molte persone chiedono al clero di prendere una posizione chiara sui temi più importanti della società e la Chiesa non lo fa.

Come vedi la situazione in Europa? La dittatura del pensiero unico può essere fermato dai Paesi dell’est come Polonia e Ungheria?
Non credo, prima o poi cadranno anche loro. La riscossa partirà da quei Paesi che per primi hanno sperimentato le leggi imposte dal pensiero unico dominante, che per primi hanno subito il cambiamento antropologico. E loro capiranno per primi l’errore che hanno commesso. La reazione non verrà dal tradizionalismo o da processi politici, ma sarà una cosa naturale, pre-politica, saranno i nostri corpi a ribellarsi, le nostre relazioni biologiche, la nostra cultura. Sarà una reazione contro le bugie della società radicale di massa. Perché non si potrà insistere a dire che l’essere umano è qualcosa di diverso. Ratzinger ha detto che la verità ha sempre un futuro, la verità prima o poi ha il sopravvento.

In Italia è nato un grande movimento di massa contro le unioni civili e alle adozioni per i gay, che ha portato in piazza milioni di persone in due grandi Family Day. Ora alcuni esponenti di questo movimento hanno presentato una lista politica. A tuo giudizio è giusto fondare un partito per difendere queste istanze antropologiche o meglio continuare un'azione che contamina diversi partiti?Secondo la mia esperienza un sostegno ricevuto su tematiche di ordine etico come aborto, matrimonio, diritti dei bambini, non si traduce automaticamente in un sostegno disposto a votarti in un eventuale confronto elettorale. Le persone ti seguono nel movimento, la protesta ha un certo appeal, però poi molti dicono «io quello a capo dell’economia non ce lo metto». Non si può separare l’agenda dei temi etici da tutta l’agenda di governo e presentarsi solo con quella. Tu per fare un partito devi avere un programma vasto, devi avere grandi competenze, non puoi occuparti solo di alcuni principi. Ci sono grandi questioni come l’immigrazione, l’economia, la politica estera. Io stesso ho dato supporto a chi si opposto al matrimonio gay, ma se mi chiedessero di votarli come leaders del mio Paese probabilmente direi di no. E poi se i pro-family si uniscono in un unico  contenitore rischiano  di essere marginalizzati dai loro oppositori.

Fonte: http://lanuovabq.it/it/articoli-fare-una-battaglia-contro-i-matrimoni-gaynon-da-la-patente-per-governare-un-paese-15469.htm

mercoledì 2 marzo 2016

adozione lesbica incrociata: sentenza tribunale

Acrobazie legali sulla pelle dei bambini di Tommaso Scandroglio2-03-2016 AA+A++
Ancora una volta un tribunale italiano dà in adozione bambini a coppie omosessuali. Ma per la prima volta in Italia abbiamo una doppia adozione incrociata lesbica. Infatti una partner di una coppia omosex ha adottato la figlia naturale della compagna e quest’ultima ha ricambiato il favore adottando la figlia dell’altra compagna avuta tramite fecondazione artificiale eterologa. Il Tribunale che ha prodotto questo prodigio genitoriale, gesto atletico da veri acrobati del diritto, è sempre quel Tribunale dei Minori di Roma che già in passato aveva aperto le porte all’adozione gay.
Quale il puntello normativo? Per l’ennesima volta l’art. 44 della legge 184 del 1983 che disciplina l’istituto della adozione. Questo articolo regolamenta i casi particolari di adozioni, cioè quando il minore non è in stato di abbandono. Ora queste due bimbe, di 4 e 8 anni, non erano in effetti in stato di abbandono dato che vivevano con le proprie madri. Ma questa non è l’unica condizione da rispettare affinché sia permessa l’adozione in casi particolari. Vediamo quali sono queste condizioni che consentono, anche ai single ed ai conviventi (e la coppia lesbica è convivente), di adottare un bambino.
La lettera a) dell’art. 44 afferma che i minori possono essere adottati “da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre”. La lettera non è applicabile al caso romano perché il minore non è orfano dei genitori biologici.
La lettera c) – saltiamo la b) perché si riferisce solo alle coppie sposate – permette l’adozione particolare per minori handicappati e che hanno perso madre e padre. Nemmeno questa lettera può essere applicata al caso della coppia lesbica.
Veniamo alla lettera d) che è stata richiamata dai giudici di Roma per legittimare questa doppia adozione incrociata. Coppie coniugate, conviventi (come la coppia omosessuale qui presa ad esame) e single possono adottare il minore non in stato di abbandono “quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”. L’affidamento preadottivo è quel periodo di tempo in cui il bambino vive a casa della coppia che ha chiesto la sua adozione e che precede la pronuncia di adozione definitiva. In sostanza è un periodo di prova. Nel caso della coppia lesbica non solo manca la prova dell’impossibilità di affidamento preadottivo, bensì – a ben vedere – tale affidamento di fatto c’è stato, dato che entrambe le bambine hanno convissuto per parecchio tempo con le rispettive mamme adottanti. Quindi in punta di diritto tale adozione è illegittima.
E dunque, dato che le lettere a) e c) non potevano assolutamente essere utilizzate al caso in questione poichè le mamme – e molto probabilmente anche i padri – erano ancora in vita, pur di dare in adozione queste bimbe alle aspiranti adottanti,  i giudici, cimentandosi in un carpiato doppio, hanno piegato al loro volere l’ambito di applicazione della lettera d), l’unica rimasta disponibile nell’alfabeto del fantadiritto. Un gesto acrobatico, come abbiamo detto, da cui mamme e giudici sono usciti indenni, ma non così le bambine che rischieranno di rompersi l’osso del collo, come testimoniano moltissimi studi.
Tale intento manipolatorio del Tribunale è così manifesto che l’avvocato Maria Grazia Sangalli, presidente di Rete Lenford – associazione di legali che tutelano le persone omosessuali e che hanno dato assistenza anche a questa coppia di lesbiche – ha dovuto ammettere, richiamando proprio la lettera d), che "attualmente, in mancanza di una normativa sull’ adozione da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso il percorso per giungere all’adozione da parte di queste coppie è possibile solo interpretando la normativa in vigore in senso ampio ed evolutivo”. Ampio ed evolutivo o erroneo ed illegittimo?
La Sangalli si è poi lamentata che l’adozione in casi particolari conferisce al minore uno status di figlio di serie B. Infatti, laddove i genitori biologici sono ancora in vita, non elimina i rapporti con la famiglia di origine e in aggiunta il minore oltre al cognome dell’adottante conserva il proprio (e così le due piccole avranno due cognomi) e non acquista alcun legame di parentela con i familiari dell’adottante (ed infatti le due bambine non saranno sorelle). Infine – e potrebbe rappresentare una utopica scialuppa di salvataggio – il tribunale può revocare l’adozione per indegnità dell’adottante. Ovvio che nessun giudice si sognerà mai di farlo in casi come questi perché le coppie gay sono giuridicamente intoccabili.
Una conclusione tra le tante: avete presente una di queste giornate di febbraio-marzo quando, camminando per la via ed investiti dal vento freddo e dalla pioggia battente, vedete in una vetrina abiti dai tagli e colori primaverili e pensate che la moda deve sempre anticipare le stagioni per non essere paradossalmente “fuori stagione”? Ecco i giudici del Tribunale dei Minori di Roma hanno già scelto per la stepchild adoption (addirittura doppia e contemporanea), anticipando così la Cirinnà laddove prevede che in materia di adozioni gay saranno i giudici a decidere. Ben prima del varo della legge questa è stata già ampiamente rodata da quei magistrati assai attenti al superiore interesse non dei bambini, bensì degli adulti omosessuali.