lunedì 12 gennaio 2015

Gone girl e Il Sospetto: come ti invento il mostro

Gone Girl e Il Sospetto: due film sulla costruzione sociale del mostro!





Del film Gone Girl (L’amore bugiardo) ha già scritto la bravissima Angela Azzaro. Dopo averlo visto vorrei condividere anche le mie riflessioni.
 In scena è un femminicidio simulato, seguendo la traccia dettata dai media e dalle trasmissioni tv sullo stile di quelle che registrano presenze e conduzioni piangenti e nazional/popolari. Tutto quel che avete visto in occasione di altri delitti qui in Italia lo vedete in questo film i cui attori si impegnano in una interpretazione magistrale che ti lascia con il fiato sospeso fino all’ultima imprevedibile scena. Tutto segue un copione preordinato, e alle persone che vivono quella vicenda non resta che adeguarsi e condurre una recita adeguata alla Tv. Infinite possono essere le analisi su questo film. Tutto può essere detto salvo, come qualcuno mi riferiva, chiederne la censura perché la narrazione rompe i cliché preordinati e stereotipati in cui lui è cattivo e lei è buona. Qualcun@ avrebbe perfino detto che il film andrebbe ritirato dalle sale perché parla del femminicidio in quanto “brand” utile a fare audience e restituisce delle donne una immagine non evidentemente strapositiva. Sono umane, con i loro pregi e difetti, come gli uomini, e sanno provare sentimenti cruenti, perfidi, mettendo in atto vendette estreme, nel caso in cui perdono il controllo delle loro relazioni.

Quindi no, il film non “istiga alla violenza sulle donne” né sottovaluta il problema della violenza di genere, ma spiega come la questione sia diventata di assoluto monopolio dei media e come lo status di vittima sia facilmente attribuibile anche a chi non lo merita. Dimostra che ci sono donne assolvibili in quanto donne e che possono anche fare di tutto per ottenere quello status perché quando per la società e i media sei una vittima tutto scorre in modo lieve e per te non può esserci altro che un bel lieto fine. A prescindere dal fatto che immaginate di aver compreso qual è la trama del film vi suggerisco di vederlo. Fatelo, prima che qualche gruppo di femministe arrabbiate ne proponga davvero la censura.


Guardando questo film me ne è venuto in mente un altro, davvero bello, Il Sospetto, vincitore di un premio a Cannes 2012, in cui invece si parla della facilità con la quale si attribuisce ad un uomo il reato di pedofilia.



Un uomo separato, in lotta per vedere il figlio, il quale vuole stare con il padre, viene accusato di aver abusato di una bambina, giusto perché la bambina è arrabbiata con lui, non riceve abbastanza attenzioni che lui deve dividere tra lei e gli altri alunni di una scuola primaria, e allora ripete le parole che le mette in bocca la responsabile dell’istituto. Ti ha toccata lì? E la bambina dice “Si” anche se non ha la più pallida idea di quel che possa significare. La storia prosegue mettendo in evidenza le conseguenze di questo genere di accuse. Lui diventa un appestato, licenziato, mobbizzato da tutta la comunità, qualcuno tenta perfino di ucciderlo, di farsi giustizia da se’. Nessuno gli crede salvo suo figlio che tenta di stargli vicino nonostante il divieto impostogli dalla madre. Infine la bambina spiega che ha detto una bugia, vuole che tutto torni come prima e vuole che i genitori invitino l’uomo accusato. Viene dunque prosciolto, tutto sembra finire ma il film fa notare come in realtà questo tipo di accuse non vengono lavate via neppure da un proscioglimento o una assoluzione. Se per la società tu sei un pedofilo lo resti per sempre anche se non è affatto vero.

Ecco: i due film messi assieme parlano della costruzione del mostro che diventa un reietto della società, Girolimoni o chi per lui, emarginato da chiunque perché ci sono accuse che non vengono mai messe in discussione. L’accusato non può contare sulla presunzione di innocenza e chi invita tutti quanti alla calma, così come abbiamo fatto per Veronica Panarello, per esempio, accusata dell’omicidio del figlio Loris, affinché non si istighi la folla al linciaggio e stigmatizzando il comportamento dei media, per nulla etico e deontologicamente scorretto, viene immediatamente accostato ai presunti colpevoli. Se hai dei dubbi, se non vuoi sostituirti alla giustizia, se non ti bastano le statistiche per accusare qualcuno di violenza sulle donne o sui bambini, se non ne puoi più di valutare e analizzare certi fenomeni in maniera emergenziale, dunque c’è perfino chi ti dà del o della criminale.
Per mio conto entrambi i film ci spiegano una cosa fondamentale: che vale la verità mediatica la quale impone la verità processuale e che tutti se ne fregano del reale andamento delle vicende. Dunque ci spiegano che le cose possono non essere esattamente come appaiono e che la realtà, in effetti, può essere molto più complessa.
E con ciò vi auguro un buon inizio dell’anno 2015 e buona visione dei film.

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