venerdì 27 settembre 2013

Santolini e le priorità della famiglia Italiana

 Luisa Santoli, UDC


Pedofili si nasce. La pedofilia non è più una devianza ma un «orientamento sessuale» come gli altri
Nuovi studi condotti in Canada affermano che la pedofilia non è una «devianza» ma ha «radici biologiche», è un «orientamento sessuale non modificabile come l’eterosessualità o l’omosessualità».
Gli psicologi stanno cambiando idea sulla pedofilia. «Come altre forme di devianza sessuale, in passato si pensava che la pedofilia scaturisse da influenze psicologiche subite in gioventù. Ora, molti esperti la considerano un orientamento sessuale non modificabile come l’eterosessualità o l’omosessualità», riporta il Los Angeles Times. La pedofilia sarebbe dunque una «predisposizione radicata nel profondo e limitata quasi interamente agli uomini che si manifesta durante la pubertà e non cambia nel tempo».
ROMANTICISMO. Secondo gli studi, continua l’articolo, «non tutti i pedofili molestano i bambini. La metà dei molestatori non sono attratti sessualmente dalle vittime. (…) I pedofili tendono a pensare ai bambini in modo romantico come partner. (…) Ci sono pedofili che sono “brave persone che combattono, anime che si tormentano per riuscire a frenarsi” spiega il dottor Fred Berlin, psichiatra alla guida del Johns Hopkins Sexual Behaviours Consultation Unit».
RADICI BIOLOGICHE. Secondo un gruppo di nuovi studi condotti a Toronto, in Canada, «poche vittime di abusi finiscono per molestare qualcuno da grandi e solo un terzo dei pedofili dichiara di essere stato abusato da piccolo». La pedofilia avrebbe invece «radici biologiche»: la tesi è che pedofili si nasce. Anche per questo motivo, molti medici «hanno smesso di cercare di cambiare l’orientamento sessuale dei pedofili, cercando invece di insegnare loro a frenare i loro desideri inaccettabili».
PEDOFILI VIRTUOSI. Seguendo questa teoria, nel 2005 la Germania ha lanciato una campagna per prevenire abusi sessuali pedofili con questo slogan: “Non siete colpevoli per i vostri desideri sessuali, ma siete responsabili del vostro comportamento sessuale. Vi possiamo aiutare! Non diventate dei molestatori!». Su questa scia, è nato il gruppo anonimo online dei “Pedofili virtuosi”, che non vogliono agire in base ai propri desideri sessuali.
http://www.tempi.it/pedofili-si-nasce-la-pedofilia-non-sarebbe-piu-una-devianza-ma-un-orientamento-sessuale-come-gli-altri

“La pedofilia? Un orientamento sessuale come l’omosessualità”
Lo afferma Luisa Santolini, parlamentare UdC, durante la discussione in aula del Ddl Concia. Perchè una legge per punire chi discrimina gli omosessuali? L’omosessualità è un “orientamento sessuale” come tanti altri: c’è chi è gay, poi c’è chi è etero,
Lo afferma Luisa Santolini, parlamentare UdC, durante la discussione in aula del Ddl Concia.
Perchè una legge per punire chi discrimina gli omosessuali? L’omosessualità è un “orientamento sessuale” come tanti altri: c’è chi è gay, poi c’è chi è etero, e poi c’è chi è pedofilo… L’equiparazione fra pedofilia ed omosessualità non è stata pronunciata da qualche buontempone, ma da un deputato della Repubblica proprio nell’aula di Montecitorio, sollevando un vespaio di polemiche da parte di Paola Concia, promotrice del Ddl attualmente in discussione.
UGUALI UGUALI – A pronunciare le parole, invero pesanti e forse poco ponderate, l’esponente dell’UdC Luisa Santolini, che finisce immancabilmente sulle agenzie di stampa. ‘
Il mio orientamento sessuale e’ l’eterosessualita’, ma c’e’ ne sono anche altri, come l’omosessualita’ e la pedofilia’. Lo ha detto la parlamentare dell’Udc, Luisa Santolini, intervenendo in Aula durante la discussione generale sul testo di legge contro l’omofobia. L’affermazione dell’esponente centrista ha fatto andare su tutte le furie la prima firmataria del provvedimento e relatrice di minoranza Paola Concia. ‘La pedofilia e’ una malattia – ricorda il deputato – non certo un orientamento sessuale…’.
Insomma, il grimaldello è chiaro: se l’omosessualità è un orientamento sessuale come tanti, non serve una legge “scudo” che protegga gli omosessuali in maniera particolare. Solo che il riferimento alla pedofilia rovina un po’ il quadretto che la Santolini aveva tentato di dipingere.
http://www.giornalettismo.com/archives/126470/la-pedofilia-un-orientamento-sessuale-come-lomosessualita/

Fonte:http://www.associazionelatorre.com/2013/05/ricercatori-shock-la-pedofilia-non-e-devianza-ma-orientamento-sessuale/

mercoledì 25 settembre 2013

Ir-responsabilità magistrati: Italia multata

Ue, infrazione contro Italia per responsabilità civile dei magistrati

Già nel 2011 una condanna europea: "Giudici troppo tutelati, Italia si adegui a diritto comunitario". Dopo due anni (25.9.2013) arriva la multa

 

 

Che anche le toghe paghino per i loro errori: adesso lo pretende la Ue. La Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia perchè non adegua la sua normativa sulla responsabilità civile dei giudici al diritto comunitario. Bruxelles si aspetta che il governo nostrano estenda la casistica per i risarcimenti "cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie". Casistica regolata da una legge del 1988 e assai stretta: il legislatore prevede che le toghe rispondano in prima persona solo in caso di dolo o colpa grave nel compimento dell'errore giudiziaro. All'Ue non sta bene, e il procedimento di infrazione non è un fulmine a ciel sereno. E' del novembre 2011 la condanna all'Italia da parte della Corte di Giustizia Ue per l'inadeguatezza della nostra normativa in materia di responsabilità civile dei giudici, mentre già nel settembre 2012 la Commissione aveva chiesto al governo aggiornamenti sull'applicazione del decreto di condanna. Ma non è bastato. In due anni i governi di Mario Monti e Enrico Letta non hanno adeguato la legge italiana a quella europea, e ora l'Ue passa ai provvedimenti sanzionatori. L'Italia è responsabile della violazione del diritto dell'Unione da parte di un suo organo (in questo caso giudiziario), e per questo sarà chiamata a pagare.
Come tutti gli altri - Qual è il problema per l'Ue? Che i giudici italiani sono chiamati a pagare per i propri errori in casi troppo ristretti, godendo di una normativa che non solo li avvantaggia rispetto ad altri lavoratori e professionisti italiani, ma anche rispetto ai propri colleghi europei. La legge italiana 117/88 restringe la responsabilità dei giudici ai soli casi di errore viziato da "dolo e colpa grave". E, come se non fosse abbastanza, il legislatore assegna l'onere della prova (ovvero la dimostrazione del dolo e della colpa del giudice) al querelante che chiede risarcimento per il danno subito. Per l'Ue troppo poco.
Adeguatevi! - La Commissione Ue chiede all'Italia di conformarsi al diritto comunitario. Innanzitutto via l'onere della dimostrazione del dolo e della colpa. E poi estensione della responsabilità del giudice di ultima istanza anche ai casi di sbagliata interpretazione delle leggi e di errata valutazione delle prove, anche senza il presupposto della malevolezza della toga verso l'imputato.
Altrimenti, multa - Interpellate da Bruxelles nel settembre 2012, le autorità italiane avevano risposto in maniera rassicurante: cambieremo la legge. In dodici mesi non si è mossa una foglia, e ora il Belpaese va incontro a un procedimento di infrazione, cioè a una cospicua multa. Insomma, non pagano i giudici, paghiamo noi.

  Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/1317471/Ue__infrazione_contro_Italia_per_responsabilit%C3%A0_civile_dei_magistrati.html

Priorità della famiglia Italiana (9 esempi da non seguire)

Priorità della famiglia Italiana (secondo i seguenti propositori)



1 . Le priorità secondo on. BOLDRINI(link)

2 . Le prorità secondo on BRAMBILLA (link)

3 . Le priorità secondo on. CASTIELLO (link)

4 . Le priorità secondo on. KIENGE (link)

5 . Le priorità secondo on. CONCIA (link) 

6 . Le priorità secondo on. SANTOLINI (link)

7-8 . Le priorità secondo on. BUONANNO / MATARELLI (link) 

9. Le priorità secondo on. Giulia Innocenzi (link) 


La famiglia ringrazia? I padri separati Italiani osservano:

A) L'Unione Europea  multa l'in-giusta giustizia dell'Italia (link)
B) Le sentenze dell'Unione Europea contro l'Italia (link)  
C) False accuse strumentali (impunite) di Stalking (link)
D) Falsi abusi nella bassa modenese: altre vittime (link) 

Boldrini e le "priorità" della famiglia italiana






Cara Presidente Boldrini,
Lei ha un dono innato, che è quello di riuscire a sminuire il ruolo della donna come pochi altri. Incredibilmente si accanisce nel disperato tentativo di ergersi a paladina del sesso femminile e come in ogni tragicommedia che si rispetti ottiene il risultato opposto.
Con queste Sue affermazioni è riuscita ad offendere non solo la quasi totalità delle donne, ma anche la figura della famiglia, così come gli italiani la concepiscono. Perché, Presidente, la famiglia non è composta dal Genitore 1 che serve a tavola, il Genitore 2 e la rispettiva prole in una situazione di sottomissione, la famiglia come la vediamo noi è un po’ diversa.
Ha presente il piacere che può provare una madre – mi perdoni se mi permetto di utilizzare un termine così obsoleto – dopo una giornata di duro lavoro a preparare una cena per suo marito e i loro figli, servirli a tavola e trascorrere con loro probabilmente l’unico momento della giornata che davvero in famiglia?
Se non lo sa glielo dico io, e Le dico anche che nel vedere in una pubblicità una mamma che porta la cena a tavola non c’è nulla che sminuisca o offenda la figura della donna. Mia nonna ha dedicato la sua vita a fare questo e mi creda, non ha avuto rimpianti nemmeno per un secondo.
Io lavoro, e quando cucino trascorro uno dei pochi momenti rilassanti della giornata proprio perché so che li trascorrerò con mio marito e mio figlio.
Negli altri Paesi europei una pubblicità simile non sarebbe mai stata trasmessa? Non ne dubito, gli altri Paesi non sono l’Italia, non hanno la nostra cultura per il cibo e le nostre abitudini familiari.
Probabilmente gli altri Paesi europei non hanno nemmeno un Presidente della Camera che crede di dover rappresentare il popolo femminile.
Presidente faccia il Suo lavoro, faccia ciò che compete alla terza carica dello Stato. Il Suo è un ruolo istituzionale, non una missione umanitaria, il parlamento ha eletto un rappresentante di SEL, non Madre Teresa di Calcutta.
La disparità tra uomo e donna cesserà quando si smetterà di vedere la donna come un essere indifeso da tutelare e proteggere. Solo allora ci sarà davvero un rapporto paritario. Se proprio vuole sposare una causa sposi questa.
E ora mi scusi, devo andare a preparare la cena per la mia famiglia, non so se anche Lei può dire di avere la stessa fortuna

Fonte:
http://www.qelsi.it/2013/cara-boldrini-sono-una-mamma-che-serve-la-famiglia-a-tavola-e-ne-va-fiera/


Priorità Brambilla sulla famiglia
Priorità Kienge sulla famiglia

Brambilla e le "priorità" della famiglia Italiana


“Se la coppia scoppia, il giudice decida sull’affido dei cani e gatti”

 



È la proposta di due parlamentari: vengano assegnati  a chi assicura loro più benessere
Se la coppia scoppia, stop alle liti per decidere chi si terrà il gatto o il cane. Una proposta di legge presentata dalle deputate del Pdl Maria Vittoria Brambilla e Giuseppina Castiello ipotizza infatti un’integrazione al codice civile, perché in caso di separazione dei coniugi e in assenza di un’intesa sia il giudice a stabilire a chi affidare l’animale. In particolare si prevede che «il tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, la prole, se presente, e, se del caso, esperti del comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere». «In caso di affido condiviso, salvo diversi accordi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei detentori provvede al mantenimento dell’animale da compagnia in misura proporzionale al proprio reddito. In caso di affido esclusivo il mantenimento è a carico del detentore affidatario».

«Quasi una famiglia su due in Italia -ricordano Brambilla e Castiello- vive con un animale di affezione: secondo gli ultimi dati diffusi dall’Eurispes addirittura il 55 per cento dei 24 milioni di famiglie italiane ha un cane o un gatto». «Conseguentemente -dicono ancora le due parlamentari- sempre più diffusi sono i casi nei quali cani, gatti e altri animali di affezione, considerati veri e propri membri della famiglia, diventano oggetto del contendere in procedimenti di separazione». Di qui l’esigenza di colmare quello che viene considerato un vuoto normativo per «tutelare gli animali e il loro benessere, in quanto anche loro, riconosciuti esseri senzienti dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), possono risentire della separazione familiare e dell’eventuale allontanamento dalla casa adibita ad uso familiare»

Le due parlamentari citano anche una sentenza della Corte di Cassazione del 2007, che «riconoscendo il cambiamento della natura del rapporto tra proprietario e animale di affezione, non più riconducibile alla mera proprietà di un oggetto di cui il detentore avrebbe la completa disponibilità, ha equiparato la necessaria tutela di un animale a quella che si deve a un minore». Così, aggiungono Brambilla e Castiello, «alcuni tribunali, in sede di provvedimenti emanati proprio in cause di separazione di coniugi, hanno già applicato per analogia quanto previsto dal codice civile per i figli minori ponendo l’accento sull’interesse materiale e spirituale-affettivo dell’animale conteso da una coppia». Ad esempio «il tribunale di Foggia ha affidato un cane al coniuge ritenuto maggiormente idoneo ad assicurare il miglior sviluppo possibile dell’identità dell’animale e ha riconosciuto contestualmente in favore dell’altro coniuge il diritto di prenderlo e portarlo con sé per alcune ore nel corso di ogni giornata o per giornate concordate dalle parti». 

http://www.lastampa.it/2013/09/22/societa/lazampa/se-la-coppia-scoppia-il-giudice-decida-sullaffido-dei-cani-e-gatti-voNq9zK0CXuuHCFQgCPEIP/pagina.html

giovedì 5 settembre 2013

LA KYENGE FAVOREVOLE A "GENITORI 1 E 2".


  A quando il 3x2?



 
  
 
CAMILLA SEIBEZZI, delegata ai “Diritti Civili e alle Politiche contro le discriminazioni” del Comune di Venezia fatto parlare di sé per la proposta di togliere dai moduli d’iscrizione ad asili e scuole la denominazione “padre” e “madre” per lasciare invece spazio a “genitore 1” e “genitore 2”. Una benedizione però l’ha ricevuta: è quella del ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, due giorni fa proprio a Venezia per la presentazione al Festival del Cinema di un documentario dedicato all’integrazione e allo “ius soli”. 

“PADRE” E “MADRE” SONO OBSOLETI. «Mi sono sempre battuta per le pari opportunità, se questa è una proposta che le rafforza, mi trova d’accordo», è stata la risposta del ministro a chi le chiedeva un suo parere sull’idea della Seibezzi. È «obsoleto» (questo l’aggettivo usato dalla consigliera) continuare a rifarsi a quella denominazione così vetusta e stereotipata, giusto cambiare sulla scia di quanto accade in altri Paesi europei.(LINK ARTICOLO)
 
 
VOCABOLARIO DELLA CRUSCA
 
 
 
Generalmente OSOLETO, in un lingua corrente, lo diventa un termine in ragione dell'uso e della sua frequenza d’uso, non in ragione di una dichiarazione di un politico. E non mi pare che nell'attuale uso corrente delle parole, "papà" e "mamma" siano così obsoleti. 
 
Voleva forse intendere che non è il termine ad essere obsoleto, ma è il concetto stesso di "padre" ad esserlo? Sono forse i concetti di padre e madre a essere in Italia e nella sua tradizione, obsoleti?
 
Apparentemente ne avrebbe tutte le ragioni giuridiche, a considerare il modo in cui i padri italiani sono trattati dalle istituzioni a cui la Kyenge appartiene. Affido condiviso e bigenitoriailità rimangono sulla carta, a beneficio di avvocati e falsi sostenitori del diritto.
Apparentemente  ne avrebbe anche le ragioni filosofiche, visto il tenore di certi articoli pubblicati dai nostri quotidiani più diffusi. Era dopo le dimissioni del papa Ratzinger che il Corrierone sbatteva in tutta evidenza un lungo e densissimo articolone filosofico del prof. Emanuele Severino dal titolo “Nella nobile rinuncia di Benedetto il grande turbamento della Fede”. L’articolo si addentrava poi in profondi abissi filosofici, un po’ angoscianti (link all'articolo). Scrive Severino

«Prometeo è l’uomo. Soprattutto da due secoli [dalla rivoluzione francese?, N.d.r.] è l’avversario della trazione Mostra infatti che il divino merita di tramontare e che su questo meritarlo si fonda tutto ciò che più salta agli occhi, ossia l'allontanamento della modernità e soprattutto del nostro tempo dai valori della tradizione . [L’uomo] vive solo se si fa largo nella Barriera che gli impedisce di trasformare sé e il mondo. La Barriera è l'Ordine immutabile della natura. Solo se la penetra, la sfonda, la squarta, e comunque la fa arretrare, può liberarsi un poco alla volta dal suo peso e ottenere ciò che egli vuole»
(Severino)

Apparentemente la Kyenge ne avrebbe anche le ragioni politiche, visto il tenore di alcuni nuovi testi politico-filosofici. Alla Kyenge e ai suoi appelli al “nuovo” fa eco l’odierno ministro dell’Istruzione di Parigi, Vincent Peillon, le cui ardite dichiarazioni sono contenute in un video che da giorni circola su Internet, in cui Peillon presenta il nuovo libro “La Rivoluzione francese non è ancora terminata”.(link all'articolo)

“La rivoluzione implica l’oblio per tutto ciò che precede la rivoluzione. E quindi la scuola gioca un ruolo fondamentale, perché la scuola deve strappare il bambino da tutti i suoi legami pre repubblicani [il padre e la madre? N.d.r.] per insegnargli a diventare un cittadino. E’ come una nuova nascita, una transustanziazione che opera nella scuola e per la scuola, la nuova chiesa con i suoi nuovi ministri, la sua nuova liturgia e le sue nuove tavole della legge”.

Una laicità che deve emancipare l’individuo “da ogni determinismo”: famigliare, religioso, sociale, biologico e, per la Kyenge, anche terminologico, lessicale. E’ pura vocazione al pensiero unico, politicamente e ideologicamente corretto. Tutto è vetusto, antiquato, obsoleto. Aspettiamoci allora il ritorno della festa dell'essere supremo, della riforma del calendario: vendemmiaio, brumaio, frimaio...
 
A parte le battute, la dinamica che questi politici seguono è la seguente: sostituire l'uomo (i genitori, la tradizione, le radici)  con Stato. Lo Stato Repubblicano, «con le sue tavole della Legge e la sua liturgia» (Vincent Peillon).
 
I padri dell'Epica, Enea e Anchise

 
 
LA "DURA" REALTA’ PER KYENGE. Ma la Kyenge forse non è altrettanto ben informata sulla tradizione che ancora viene comunicata ai nostri figlie e figlie, nelle aule delle scuole. Si tratta di una tradizione millenaria , che affonda le sue radici millenarie nel mondo greco e latino, e nei miti che ci provengono da esso.
Facciamo un ripasso per la Kyenge su due “padri”, infischiandocene di verificare di quanti altri alleati politico-filosofici può avvalersi la sua campagna anti-tradizionalista. Anzi di due figli, che almeno la Kienge non potrà tacciare di obsolescenza: Telemaco e Iulo. 
 
Ricordiamo alla Kyenge che Telemaco, figlio di Ulisse e Penelope, secondo una versione della leggenda, nacque il giorno incui Ulisse partì per la guerra di Troia e per 20 anni lo cercò. Bramò a tal punto il suo rientro da confessare: “Se quello che i mortali desiderano, potesse avverarsi, per prima cosa vorrei il ritorno del padre”.
 
Ricordiamo che per un'altra figura epica di figlio, Iulo (o Ascanio, figlio di Enea che l'epica narra essere  fondatore della civiltà romana da cui promana la dichiarazione dell'attuale ministro), si legge l’intera genealogia, da Anchise a Enea, che, a meno di non cambiare i testi, sono tutti “pater”. E’ vero che Tito Livio, nel suo Ab Urbe Condita, non chiarisce la maternità di Ascanio. Se infatti all'inizio del suo racconto, l'attribuisce a Lavinia, più avanti riporta che potrebbe essere figlio di Creusa. Di certo, conclude Livio, Enea ne è il padre.
« Questo Ascanio, quali che fossero la madre e la patria d'origine, in ogni caso era figlio di Enea. »(Tito Livio, Ab Urbe Condita, 1, 3.)
 

 Tutto questo, per il ministro Kyenge, con delega alle pari opportunità (che è sempre più smaccartamente un ministero pro-femminismo) e delle politiche giovanili è davvero un dramma: scoprire che i figli della tradizione hanno o cercano i padri è, per gli ortodossi femministi, abominevole. Scoprire che i figli della tradizione hanno madri incerte è altrettanto abominevole
Abominevole per molti è leggere anche le encicliche, che parlano di matrimoni e figli Come ebbe a scrivere Leone XIII nell’Humanum genus :

“…esiste nel matrimonio, per unanime consenso dei popoli e dei secoli, un carattere sacro e religioso: oltreché per legge divina l'unione coniugale e indissolubile. Or se questa unione si dissacri, se permettasi giuridicamente il divorzio, la confusione e la discordia entreranno per conseguenza inevitabile nel santuario della famiglia”.

 Che se ne faccia una ragione, la Kyenge, e non pensi di offendere ancora i pater italici. 

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I bambini e le loro domande

IN REALTÀ, NELLA REALTÀ VISSUTA E CHE PIACE A MOLTI POLITICI E FIOLOSOFI NEGARE, LE COSE SONO DIVERSE

L'ho percepito ultimamente, durante la pausa estiva, quando ho accompagnato mia figlia alla piscina della scuola di nuoto. Una ragazzina, evidentemente sua amica, la avvicina, la saluta, e le chiede, riferendosi a me, che armeggiavo con zaini e zainetti,  "Ma lui è il tuo papà" ?. 
Alla risposta affermativa di  mia figlia, quell'altra, probabilmente sulla scorta dell'esperienza di altri coetanei, vittime dei diffusi divorzi, incalza "Ma è il tuo papà vero?", quasi distinguesse, nella sua terminologia, tra papà "veri" e papà "falsi", intendendo "veri" i biologi, e "falsi" gli altri.  Alla risposta affermativa di mia figlia, l'altra ragazzina mi guarda e  sentenzia "Sì, è vero: ti assomiglia".
Una bimba che ha avuto più sale in testa di Kienge, in quanto almeno non ha negato la realtà dei fatti innegabili, biologici, che sono alla base del concetto di padre e madre.
Ma anche un medico, come la Kienge, può tradire la realtà invocando l’ideologia. E allora via alla stura al vaso di Pandora, delle più fantastiche idiozie


martedì 3 settembre 2013

Minoricidi: non i soliti sospetti





Fonte: http://www.f4e.com.au/blog/2012/09/25/biological-mothers-responsible-for-the-majority-of-child-murders-child-abuse-new-study/

Un nuovo rapporto della polizia Neozelandese recentemente pubblicato rivela che le madri sono responsabili di quasi la metà di tutti gli omicidi infantili.I casi di  33 di morti di bambini che sono stati oggetto di una analisi  della polizia ha trovato che le madri erano da accusare per 15 dei decessi.Trai casi analizzati,  sei bambini che erano stati uccisi dalle loro madri,  prima che esse si suicidassero, cinque neonati e due bambini che erano morti da abuso fisico .Queste cifre rispecchiano una sui casi di omicidio 2006/2007 pubblicata dall'Istituto Australiano di Criminologia che ha trovato che la metà di tutti gli omicidi infantili  in Australia durante quel periodo erano a mani della madre biologica .Inoltre , secondo la ricerca rilasciato dalla Australian Institute of Family Studies nel 2003 , le madri erano responsabili per la maggior parte di una maltrattamenti fisici e abusi emotivi dei bambini in quel momento , mentre precedenti ricerche hanno trovato che le madri biologiche erano nella stragrande maggioranza come colpevoli di abuso emotivo e di abbandono dei bambini ( Tomison 1996) .Più di recente, profili di pedofilia ottenuti sotto la legge Freedom of Information ( FOI )  e compilati dalla Australia Occidentale Dipartimento di Protezione dell'Infanzia ha scoperto che dei 1.505 casi di abusi su bambini in WA nel 2007-08 , 427 di loro sono stati eseguiti da madri e 155  dai padri .Nonostante i numerosi studi che trovano incidenze simili genere di abusi sui minori e omicidi di minori  in accordo con gli studi di cui sopra , il dogma prevalente all'interno del settore pedofilia in Australia , come rappresentato da NAPCAN , è che la pedofilia è il dominio esclusivo dei maschi , e nessuna discussione su ricerche credibili, che mostrino il contrario, sarà tollerata.Nel frattempo , il rapporto della polizia della Nuova Zelanda ha anche esaminato 101 altre morti violente,  che sono stati oggetto di analisi tra il 2004 e il 2011 . Non include tutte le morti per violenza in famiglia in quel periodo , solo le 95 occasioni in cui la polizia si è interessata del caso.Si è riscontrato che, mentre 37 donne sono morte a causa della violenza in famiglia , anche 31 uomini sono morti a causa della violenza familiare , in circostanze molto simili alle donne .Nel 64 per cento dei decessi le autorità avevano avuto prima qualche coinvolgimento con la famiglia , mentre più del 58 per cento dei sospetti non avevano precedenti penali per reati violenti.
Il direttore Soprintendente
Nazionale del crimine Rod Drew ha detto che la polizia ha compiuto dei passi avanti  nel modo in cui affrontare la violenza in famiglia , tra cui gli ordini di pubblica sicurezza , uno strumento di fattore di rischio minore e le informazioni di condivisione con altre agenzie ."La polizia e le nostre agenzie partner si sforzano continuamente di migliorare il nostro modo di rispondere alla violenza in famiglia , " ha detto.Supt Drew ha detto che ci sono stati errori nel passato, ma ma le ultime recensioni aiuterano a trovare il modo di fare le cose meglio .

Il nuovo nemico del popolo è il padre di famiglia


 FEMMINICIDIO, INVENZIONE DI REGIME: GLI UOMINI UCCISI SONO IL QUADRUPLO
Ormai il nemico del popolo additato da tv e giornali è il padre di famiglia
di Roberto Marchesini
In Polonia c'è un piccolo paese sconosciuto al mondo, ma che i polacchi conoscono molto bene. Si chiama Manieczki, e tutti i polacchi, almeno quelli sopra una certa età, lo conoscono bene per averlo visto in televisione migliaia di volte durante il regime comunista. Ogni volta che la televisione di stato parlava degli splendidi successi ottenuti dal piano agricolo quinquennale, ogni volta che cantava le lodi del sistema dei kołchoz (cooperative agricole collettivistiche), le immagini trasmesse erano quelle di Manieczki.
Sarebbe bastato girare le riprese in uno qualsiasi dei tantissimi kołchoz polacchi per vedere una realtà diversa: miseria, degrado, fame. Ma la televisione proponeva solo e soltanto le immagini di Manieczki, delle sue meravigliose feste del raccolto, danze, canti, abbondanza. I contadini di Manieczki erano più bravi degli altri? No. Era semplicemente una messinscena ideologica per nascondere la triste realtà del tragico fallimento del comunismo.
Ogni regime si inventa una realtà, le sue lotte, i suoi successi. È la lezione del romanzo orwelliano 1984 nel quale i cittadini si radunavano "spontaneamente" davanti a enormi schermi sui quali passavano le immagini dei successi militari ottenuti dalla patria; dopo di che cominciavano i "due minuti d'odio", durante i quali i cittadini – sempre in modo spontaneo – mostravano tutto il loro odio contro il nemico pubblico numero uno, Emmanuel Goldstein. Anche in questo caso: trionfi fasulli e nemici fasulli per nascondere la triste realtà di un intero continente trasformato in lager.

Questo è quanto mi è venuto in mente quando, dopo una rapida scorsa ai quotidiani on line, ho seguito la conferenza stampa del consiglio dei ministri che presentavano il Decreto Legge "contro il femminicidio", l'emergenza che da qualche anno sta affliggendo l'Italia. Come è cominciato l'allarme "femminicidio"?
Nel marzo del 2012 ha fatto molto scalpore un dato rivelato da Ritanna Armeni, secondo la quale la violenza sulle donne "è la prima causa di morte in tutta Europa per le donne tra i 16 e i 44 anni". Un paio di mesi dopo Barbara Spinelli, sul Corriere della Sera, aveva fatto una rivelazione simile: "La prima causa di uccisione [morte] nel mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l'omicidio (da parte di persone conosciute)". Nel giugno dello stesso anno è intervenuta sul tema Rashida Manjoo, special rapporteur dell'ONU sulla violenza contro le donne, secondo la quale "[...] in Italia la violenza domestica è la prima causa di morte per le donne fra i 16 e i 44 anni di età".
Peccato che tutte queste dichiarazioni (ovviamente riprese con grande enfasi da tutti i media) siano false. È falsa la dichiarazione riguardante l'Europa (pp.168ss.); è falsa la dichiarazione sulla popolazione femminile mondiale; è falsa la dichiarazione sull'Italia.
Il Rapporto Criminalità Italia del Ministero dell'Interno recita a pagina 125: "È condivisa l'idea che determinate condizioni di "debolezza", dovute al sesso femminile o all'età avanzata, aumentino la vulnerabilità e quindi la probabilità di essere vittima di un reato violento come l'omicidio. Al contrario, dai dati emerge che più frequentemente le vittime di omicidio sono maschi, fino ad un massimo di 8 soggetti su 10 tra il 1992 e il 1997"; e a pagina 128: "Le donne commettono omicidio soprattutto verso maschi e la quota percentuale rimane abbastanza costante per tutto il periodo considerato. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che gli omicidi da parte di autore di sesso femminile sono una minima parte di quelli commessi e solitamente avvengono nei confronti del proprio partner, in ambienti quindi familiari".
Dunque al massimo si profila un "maschicidio", sia da parte di altri maschi, che da parte di femmine (soprattutto in ambienti familiari). Esattamente il contrario rispetto alla tesi del "femminicidio". Ma al di là di tutto questo: l'omicidio (al di là del sesso della vittima) non è già punito, e con severità, in Italia? Che bisogno c'è di parlare di "femminicidio" o "maschicidio"?
Secondo il ministro dell'interno Angelino Alfano: "Le norme hanno tre obiettivi: prevenire violenza di genere, punirla in modo certo e proteggere le vittime". Il linguaggio è significativo, e rimanda ad un mondo ideologico, non necessariamente corrispondente con il mondo reale.
Ricordiamoci del kołchoz di Manieczki: questa è una grande vittoria del governo contro un nemico di paglia, il "femminicida"; al quale sono stati rivolti i "due minuti d'odio" al pari dell'evasore e dell'omofobo.
Il solito "nemico del popolo" da stanare ed eliminare. Il cui identikit (maschio, eterosessuale, marito e padre) si delinea con una chiarezza sempre maggiore: il padre di famiglia.
RISPOSTA ALLE CRITICHE SUL MIO ARTICOLO
Il mio articolo intitolato "Femminicidio, invenzione di regime" ha suscitato diverse reazioni; alcune positive, altre negative. Cercherò di rispondere alle seconde.
C'è chi ha ironicamente commentato: "E chi glielo dice adesso che, mentre lui pubblicava, altri parlavano di 99 donne uccise dall'inizio dell'anno? E che a darne la notizia non era un quotidiano di regime bolscevico, ma niente meno che «L'Avvenire»? Si tratta del vecchio trucco detto "dell'uomo di paglia": si crea una caricatura dell'avversario facendogli dire cose che in realtà non ha mai detto, in modo da segnare un punto facile che con l'avversario vero non si sarebbe riusciti a segnare. Io non ho mai scritto che in Italia non viene uccisa nessuna donna; né ho mai negato che in Italia, ogni anno, vengano uccise molte donne. Ho negato l'emergenza femminicidio. Fino al 31 luglio 2013 sono state uccise 99 donne: malissimo! È una tragedia. E quanti uomini sono stati uccisi nello stesso periodo? Avvenire non lo dice, né altri media riportano la cifra. Perché? Perché ci si prende la briga di contare le donne uccise mentre gli uomini uccisi non li conta nessuno? Sappiamo che il rapporto tra gli uomini e le donne uccisi in un anno è circa 4/1: perché 99 donne uccise fanno notizia e 400 uomini uccisi no? Perché le 99 donne uccise vengono contate e i 400 uomini uccisi no? Valgono forse meno?

C'è stato chi ha obiettato che l'emergenza femminicidio c'è, perché la percentuale di donne uccise sale di anno in anno. Invece l'emergenza femminicidio non c'è, perché il numero di donne uccise scende di anno in anno. Erano 192 nel 2003; 172 nel 2009; 156 nel 2010; 137 nel 2011, 124 nel 2012. E come mai, se il numero assoluto di donne uccise diminuisce di anno in anno, la percentuale sale? Perché il numero assoluto di omicidi compiuti nel nostro paese scende di anno in anno, ma scende più velocemente per gli uomini che per le donne (anche a causa della maggior diffusione degli omicidi con vittime maschili).
Infine c'è chi ha commentato: "I numeri dei delitti passionali parlano chiaro: il 60% delle vittime sono donne". È vero, ma riflettiamo. Più dell'80% degli omicidi ha come autore un uomo. In ambito familiare o affettivo abbiamo un uomo ed una donna, quindi in tale ambito dovremmo avere una percentuale di vittime femminili dell'80%. Invece la percentuale è più bassa. Come dice il Rapporto sulla Criminalità in Italia del Ministero dell'Interno, mentre gli uomini uccidono più uomini, e più fuori casa, le donne uccidono più uomini e più in casa. Ossia: sicuramente gli uomini hanno una tendenza omicida più marcata (come la spiegano, gli ideologi di genere?), ma sono più pericolosi fuori casa che in casa; mentre le donne sono più pericolose in casa che fuori. Esattamente il contrario di quanto afferma la vulgata del femminicidio.
Concludo constatando che, nell'anno del trionfo dell'ideologia di genere, vorrei che fossero rispettate le quote rosa anche per quanto riguarda la criminalità in Italia, cioè che il numero di uomini uccisi ogni anno nel nostro paese possa scendere fino a raggiungere il livello delle donne uccise. E mi piacerebbe molto vedere i fautori della parità indignarsi per il silenzio con il quale vengono dimenticate molte vittime di crimini violenti soltanto a causa del loro sesso (maschile).
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/08/2013 (e 12/08/2013) (link)

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